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27/8/2000 - Con i biglietti aerei procurati dalla Smiley, in poco più di un'ora di volo siamo ad Ho Chi Minh City (Saigon). Sbrigate le formalità aeroportuali, condividiamo un taxi per recarci in città con un ragazzo francese che abbiamo incontrato più volte in Cambogia. Egli sta tornando a Saigon, per cui ha diversi consigli da darci, non ultimo una pensione a conduzione familiare (sono tutte donne) molto accogliente e pulita. Il problema è che il taxista ci molla di fronte all'hotel di suo cugino (si fa per dire) e si rifiuta categoricamente di portarci nel posto richiesto. Non fa nulla, si trova abbastanza vicino e lo raggiungiamo a piedi.
La pensione si chiama BICH LIEN (171/16 CO BAC ST., DIST.1- Tel. 8360841) e fortunatamente ha due camere libere. Si lasciano le scarpe fuori ed è molto pulito. Costa 10 USD a notte, prima colazione compresa. Abbiamo la sensazione di essere ospiti a casa di amici; la colazione si fa direttamente nel tinello-cucina di famiglia e la signora spesso ci coccola con delicatessen comprate appositamente per noi.

28-31/8/2000 - la cosa che da subito ti colpisce ad Ho Chi Minh City è il traffico (come in un famoso film di Benigni). Attraversare la strada è una vera impresa e richiede una buona dose di esperienza e sangue freddo. Attendere che la strada sia libera da motorini, biciclette, automobili (poche in proporzione) e quantaltro, può significare lunghissime attese senza successo, e neanche i semafori, dove ci sono, rappresentano una via di scampo perchè vengono sistematicamente ignorati. Così, seguendo i consigli del libro, ci buttiamo camminando in mezzo al traffico molto lentamente, in modo che i mezzi possano vederci per tempo e quindi scansarci.

E' vero, funziona, ma ogni attraversamento richiede mezz'ora buona di respirazione yoga.
Visitiamo il Ben Thanh Market, il mercato di Cholon, i templi e le pagode, la zona delle ambasciate e il Palazzo della Riunificazione, l'unico monumento strettamente legato alla guerra del Vietnam che decidiamo di visitare. Qui si diressero i primi carri armati nord vietnamiti durante la caduta di Saigon e ne abbatterono il cancello. Sulla terrazza due cerchi rossi indicano i punti in cui caddero i missili lanciati dagli elicotteri durante il conflitto.

Durante la visita ad uno dei templi alla periferia di Saigon (dove sappiamo che si terrà una cerimonia religiosa), facciamo uno degli incontri più emozionanti del viaggio. Conosciamo un uomo di una certa età che vive nel tempio e si rende disponibile a farci da guida. Parla un buon inglese per via del fatto che lavorava con gli americani durante la guerra e quando gli chiediamo scherzando la sua età dice, di essere molto più giovane di quanto immaginiamo.
La rieducazione alla quale si è dovuto sottoporre al termine del conflitto ha lasciato i segni, ce ne parla un po' ma non insistiamo. Ci rendiamo conto che l'argomento è molto delicato, e cerchiamo di non fare domande imbarazzanti, ma alla fine risulta chiaro il suo disagio per non poter parlare come vorrebbe. Poi inizia il rito che stavamo attendendo, ma è poco cosa rispetto al fatto di aver chiacchierato con lui.
Molte migliaia di collaborazionisti o presunti tali, non furono invece rieducati. Tra loro molti insegnanti, professionisti, intellettuali, oggi vagano per la città e non sono riconosciuti, anzi, non sono conosciuti (nel senso che se ne ignora l'esistenza) dal governo centrale. Questo significa che non hanno diritto a possedere alcunchè, qualsiasi atto ufficiale è a loro bandito. Non possono sposarsi nè lavorare ufficialmente, possono soltanto sopravvivere. La maggior parte di loro vive su un cyclò a pedali.

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