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S. Cristòbal si trova al centro di una zona d'influenza Zapatista. E' una delle quattro città che, nel 1994 (1 gennaio), un gruppo di ribelli occupò, dando inizio alle lotte dell'EZLN (Ejèrcito Zapatista de Liberaciòn Nacional). Furono presto affrontati e respinti dalle forze regolari e si diedero alla clandestinità, rifugiandosi sulle montagne della zona.

Decidiamo di recarci subito a San Juan Chamula. Siamo gli unici turisti nel collectivo che sta partendo. Gli altri occupanti sono quasi tutte donne in abiti tradizionali. Trasportano grandi ceste coperte, probabilmente destinate al mercato. I bambini ci osservano incuriositi, gli adulti sono troppo discreti perché possano farlo apertamente, per lo più sembrano ignorarci. Quando la strada incomincia ad inerpicarsi per le montagne, incrociamo alcune camionette e scorgiamo che, sui cassoni, molti indossano la "gorras", il passamontagna nero abitualmente usato dai guerriglieri Zapatisti. Non comprendiamo esattamente cosa ciò possa significare, non eravamo preparati a niente del genere. Quando anche le donne con le quali viaggiamo si accorgono del fatto, commentano con stupore: "Mira los zapatistas!". Ci rendiamo conto di non essere di fronte ad un evento consueto.

La chiesa di S. Juan è abbastanza piccola, non esistono sedie, il pavimento è cosparso di aghi di pino.

Lungo le pareti sono disposti, in maniera piuttosto disordinata, piccoli altari con le statue dei santi da venerare. Non esiste un altare principale, ma si tratta piuttosto di un grande tavolo con centinaia di lumini accesi. Non viene officiata alcuna funzione; intere famiglie s'inginocchiano davanti al santo preferito o al centro della chiesa in direzione di S. Juan e accendono diversi ordini di candele sul pavimento. Soltanto il padre recita le preghiere. Qualcuno ha con sé dei polli da passare sulle parti malate, nell'evidente intento di far trapassare il male da un corpo all'altro. Molti portano bibite gassate, pare che il rutto scacci gli spiriti maligni. Il tutto si svolge come se elementi estranei, quali noi siamo, non esistessero. Il fumo ed il calore sprigionati dalle migliaia di candele non permettono di indugiare in questo posto più del necessario. E' un'esperienza molto particolare. Quanto più il sacro possa essere mescolato al profano.......,
Lasciamo S. Juan e, sulla strada di ritorno, ci facciamo lasciare al crocevia per Zinacantan. Non sappiamo quanto sia conveniente muoversi a piedi, ma, dopo aver aspettato per circa un'ora un mezzo diretto in quella direzione, lo facciamo. Qui la festa è anche più colorata e rumorosa che a S. Juan. Anche se la distanza tra i due paesi è di soli 6 km, gli abiti tradizionalmente indossati per la festa sono completamente diversi. Le processioni terminano in piccole scene teatrali nelle quali persone mascherate rappresentano l'eterna lotta tra il bene e il male. Il pubblico presente partecipa attivamente alla scena, parteggiando per l'uno o l'altro. Con molta discrezione, solo con il manifesto consenso da parte dei locali, scattiamo alcune foto. Da queste parti non sempre la cosa è ben accetta, spesso è notevolmente sgradita. Molti, infatti, pensano che apparire in fotografia possa portare via l'anima (o qualcosa del genere).
Stiamo per incamminarci verso l'hotel dei ragazzi conosciuti in bus per cenare insieme, quando, voltando lo sguardo, notiamo del movimento lungo la strada che entra in città. Ci avviciniamo incuriositi e, quando ci affacciamo sulla strada, ci rendiamo conto del motivo. Due cortei, da direzioni opposte, attendono silenziosamente di entrare in città. Alcuni sono incappucciati. Ci sono striscioni recanti scritte inneggianti la questione Zapatista. Assistiamo a questa scena per
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